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LO STEMMA DI OSTIGLIA

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Anche riguardo allo stemma di Ostiglia le notizie sono assai incerte e frammentarie. Bisogna innanzitutto fare una distinzione tra quello che si ipotizza essere l’antico stemma della nostra cittadina e lo stemma “moderno” giunto fino a noi più recentemente, per concessione dell’allora Capo del governo Benito Mussolini in data 28 Gennaio 1938 e definitivamente autorizzato con decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele III in data 7 Maggio 1942.  

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Secondo quanto viene tramandato dalla nostra secolare tradizione, l’antico stemma ostigliese (peraltro abbastanza simile all’odierno) sarebbe stato composto da tre ostie bianche in campo rosso simboleggianti il sacrificio della Nuova Legge, cioè l’offerta votiva che il comandante dell’esercito romano faceva a Giove per ottenere da lui buoni auspici per la futura battaglia. Così Hostilia procederebbe da Hostia, come Hostia discende dai nemici (Hostia ab hostibus dicta est) (Don Caiola). In effetti, a partire dall’89 A.C. venne esteso il diritto latino ai comuni “gallici” situati alla sinistra del Po. In tal modo, anche Hostilia abbandonò le abitudini galliche e si adattò ai costumi e al culto dei nuovi dominatori, innalzando a Giove un tempio sacrificale. Col passaggio dal paganesimo al cristianesimo poi, il sacrificio di cui le tre ostie dànno conto non avrebbe più riguardato animali da immolare alla divinità per ottenerne i buoni auspici in battaglia, bensì il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo offerto ai nuovi altari cristiani sotto forma di pane e vino. Ecco dunque un altro caso di contiguità tra cultura pagana e cultura cristiana esemplificato nello stemma di Ostiglia che recherebbe in tal modo le flebili tracce di un passato lontanissimo e delle usanze che lo caratterizzavano.

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Tuttavia, se torniamo all’odierno stemma di Ostiglia, dobbiamo rilevare che in esso non vi sono tracce di questo antico passato. La sua descrizione risulta la seguente, secondo Araldica Civica: “di rosso a tre ostie cariche del nome di Gesù con in punta i tre chiodi della Passione, circondato da due rami di quercia e d’alloro annodati da un nastro dai colori nazionali e Corona comitale”. Si tratta dunque di uno stemma che ha le sue radici nella cultura cristiano-cattolica: le tre ostie riportano chiaramente il nome di Gesù, i tre chiodi si riferiscono evidentemente alla passione di Cristo. Quanto alla simbologia dei due rami di quercia e di alloro, occorre dire che essa si presenta di assai incerta interpretazione (la quercia potrebbe rappresentare la forza, l’alloro la creatività), ma il nastro tricolore che unisce questi due rami è certamente un riferimento ad un’epoca e a una cultura “moderne”, se non contemporanee e ciò impedirebbe quindi di considerare i due rami come elementi legati a miti dell’antichità. L’ultimo elemento dello stemma è la cosiddetta Corona comitale che lo sormonta. Si tratta della corona di un conte (comitale: di conte), composta da un cerchio d’oro cimato da sedici perle di cui nove visibili. Nella simbologia araldica significa che il Comune in questione, Ostiglia, è stato sotto la giurisdizione di un conte. In quale epoca non è dato sapere con certezza: forse si tratta di un riferimento al periodo medioevale in cui la nostra cittadina era un possedimento veronese (si rammenti che già dal 1151 i veronesi iniziarono la costruzione del castello di Ostiglia che sanciva l’importanza anche militare della nostra cittadina).

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Immagine del gonfalone di Ostiglia così come venne presentato dal Podestà di Ostiglia alla Consulta Araldica nel 1936.
Un ringraziamento particolare a Graziella Campi che ha messo a disposizione della Proloco il suo archivio personale.

ORIGINE DEL NOME

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Ostiglia ha origini antichissime e nella storia ebbe rilevanza

per la sua posizione strategica :al vertice di tre regioni, presso un fiume importante e con alla spalle, una pianura chiusa). Tuttavia, né riguardo alle circostanze della sua fondazione, né riguardo all’etimologia del suo nome si hanno certezze definitive. È da scartare l’etimologia che fa derivare Ostiglia da Ostia < ostium (apertura o bocca per lo scarico nel Po delle acque) proposta dalla Storia di Ostiglia di Zanchi – Bertelli oltreché dalle Notizie storiche e statistiche intorno ad Ostiglia del Cherubini. Anche l’ipotesi sostenuta dall’Enciclopedia Pauly-Wissowa che il nome di Ostiglia abbia un probabile riferimento con Hostilius Saserna, luogotenente di Cesare in Cispadania intorno al 50 A.C. (il fondatore del castrum originario da cui sarebbe derivato il vicus), sembra poco convincente e priva di dati certi che la confermino. Pare invece più probante l’ipotesi di natura prettamente linguistica sostenuta dallo stesso Don Caiola nel suo Ostiglia nella storia: il nome “Ostiglia” è sempre stato scritto con la H davanti; quindi si può pensare che il toponimo derivi da “loca hostilia” cioè posizioni nemiche abitate da genti ostili all’occupazione romana. Di fatto, le narrazioni storiche romane, già in epoca tardorepubblicana sottolineano come questa area della Cispadania fosse fortemente instabile per il passaggio sporadico di popolazioni nomadi d’oltralpe o per le forti resistenze all’avanzata romana da parte dei popoli stanziati in questi luoghi. La pianura Padana, in effetti, fu l’ultima zona della Penisola ad essere colonizzata dai romani i quali dovettero lottare non poco per sottomettere le popolazioni che vi abitavano. Ancora tra la fine e l’inizio del I° secolo A.C., sono famose le battaglie che il console Mario dovette combattere contro le popolazioni dei Cimbri e dei Teutoni discese nella Pianura Padana qualche tempo prima. Solo dopo le vittorie del grande generale romano si potè organizzare una più sicura colonizzazione, fra le altre dell’area ostigliese-veronese e gettare le premesse per la costruzione, in epoca imperiale, della Via Claudio-Augusta.

 

IDROGRAFIA IN EPOCA ROMANA

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La storia di Ostiglia è indissolubilmente legata al fiume sulle cui sponde la nostra cittadina è nata. Il fiume Po bagnava Ostiglia già nell’antichità come si desume dalle opere degli storici di epoca romana Polibio, Plinio, Cassiodoro e Tacito. Inoltre studi topografici e documenti medievali concordano sul fatto che il corso del Po, in epoca romana si identificava con quello attuale tra Revere e Ostiglia almeno fino a Sermide e oltre. Documenti medievali testimoniano che anche durante il medioevo fino al 1000 d.C., il Po, nella zona Sustinente-Sermide percorreva l’attuale alveo. E’ il Conte veneto Giacomo Filiasi, aristocratico ed erudito studioso veneziano, a fornirci indirettamente notizie sul corso del Po in epoca romana e poi medievale nel suo “Memorie dei veneti primi e secondi” del 1796. In questa opera, riguardante la storia del Veneto e della laguna di Venezia, il Filiasi ricostruisce il percorso antico del Po attraverso il riferimento agli autori della latinità sopraccitati, sostenendo con il supporto di Polibio e Strabone, che già in epoca romana il Po era navigabile “dal Piemonte fin quasi alle sue foci” (tomo I, cap. 2 pag. 34 delle suddette Memorie) e che semmai il grande fiume faceva una biforcazione subito dopo Ostiglia, in una località oggi sconosciuta, chiamata Trigaboli. Dal ramo principale del fiume sarebbe uscito un ramo secondario che si propagava in direzione di Padova/Venezia. Di questo tratto del fiume, disseccatosi poi in epoca medievale, sarebbe rimasta traccia in una fossa che in prossimità di Ostiglia si scaricava nelle paludi del Tartaro. Tale fossa, secondo documenti dell’ 805 d. C., era chiamata Olobia (ibidem, tomo I, cap. 2, pag.37). In base a un’altra antica tradizione popolare, questa biforcazione del Po sarebbe avvenuta invece dopo Sermide, in una zona imprecisata compresa tra le località di “Stellata e Figheruolo”(ibidem, pag.38). Di questa seconda ipotesi si dice certo (avendo il supporto di vari autori e storici di epoca tardolatina e medievale) un altro studioso dell’antico corso del Po, Antonio Frizzi, archivista del Comune di Ferrara nella seconda metà del XVIII° secolo e autore di “Memorie per la storia di Ferrara” (1791). Il Frizzi parla addirittura di una “rupta Ficaroli” o rotta di Ficarolo (Cap. XII, Divisione del Po a Ficarolo, pag. 56 e segg. dell’opera citata)  dalla quale sarebbe nato il ramo alternativo del Po.

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Tirando le somme, dunque, appare chiaro che il corso del Po nei pressi di Ostiglia era ben assestato e navigabile fin dall’epoca romana, tanto che “una stazione di barche fu fissata in Ostiglia, per condurre a Ravenna le merci e i passeggeri” (pag. 35 delle suddette Memorie… del Filiasi). Per quanto riguarda il fiume Tartaro, dai documenti risulta che il territorio di Ostiglia era compreso tra il Po e il Tartaro e che quest’ultimo, come affermano sia Tacito, sia Plinio il Vecchio, formava in prossimità di Ostiglia due paludi; il Tartaro versava poi le sue acque nelle “fissiones philistinae”, una delle bocche del Po di cui parla anche Plinio (Plinio il Vecchio, Naturalis historia, III, 121). In epoca più recente, si ha conferma di questo percorso del fiume Tartaro anche negli scritti di Melchiorre Gioia, patriota ed economo/statistico lombardo del primo ottocento. In particolare, nel suo testo “Statistica del Dipartimento del Mincio” apprendiamo che anche il fiume Mincio in epoca romana transitava per le valli ostigliesi, quindi in quel periodo faceva parte a tutti gli effetti del suo quadro idrografico. Ecco quanto afferma il Gioia a pag. 29 del testo suddetto:

”Anticamente (in epoca romana/repubblicana n.d.r.) il Mincio non iscaricavasi in Po, ma passando pel Fissero entrava nelle valli di Ostiglia… e per queste se ne andava al mare unitamente al Tartaro, dove riceveva il nome di Fossa Filistina. Q. Curio Ostilio, cui si attribuisce la fondazione di Ostiglia, troncò al Mincio il corso pel Fissero e lo fece sboccare in Po sotto Governolo, per ordine del Senato (di Roma n.d.r.)”.

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Si può ipotizzare che l’intervento di Curio Ostilio sia stato determinato anche dalla necessità di alleggerire il transito di corsi d’acqua nella zona di Ostiglia, area soggetta già alle esondazioni del Tartaro e ricca di paludi generate dal fiume stesso, una delle quali è la palude del Busatello che sfogava le acque del Tartaro nella Derotta, un’ampia depressione situata nella parte settentrionale del territorio di Ostiglia, dove tutt’ora si trova anche il suddetto Busatello, una delle poche zone umide sopravvissute nella nostra provincia.

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Recenti studi topografici effettuati sulla base di documenti antichi e medievali concludono che a monte di Luzzara, il fiume Po – denominato Po vecchio – procedeva verso Est toccando a Sud Suzzara (situata tra il Po e il fiume Zara) e poi Gonzaga; passava successivamente per Pegognaga, scendeva a toccare Quistello e Nuvolato ed entrava nell’alveo attuale dove procedeva, come già sopra detto, per Ostiglia, Revere, Sermide e oltre.

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